Contest Immersioni Letterarie – REALTA’

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Questo racconto l’ho scritto in fretta per il Contest Immersioni Letterarie, dell’omonimo blog, scaduto a fine gennaio. Potevo fare di meglio ma il tempo era poco e ho voluto spedirlo ugualmente.

Buona lettura.


La realtà non era più come l’aveva conosciuta fino a quel momento e nulla poteva riportarla com’era prima.

 

La primavera si stava risvegliando e Bruno era tornato a frequentare il suo rifugio preferito; il fiume poco distante da casa sua.

Nelle notti d’estate, se apriva la finestra, ne poteva ascoltare la corrente lasciandosi cullare da quella ninna nanna, oppure farsi tenere sveglio durante i temporali, quando il fiume sembrava scorrere in casa.

Il primo giorno in cui tutto cambiò era seduto su un grosso masso poco distante dall’alveo. La corrente era un turbine impetuoso, lo stesso che lo tormentava dentro. Sognava in continuazione di essere l’eroe del momento, colui che si sarebbe eretto sopra la mediocrità che lo circondava brillando davanti agli occhi di Chiara. Invece, era stato umiliato proprio davanti a lei. Non c’era un motivo valido per ciò che gli accadeva, era solo la vittima preferita del branco.

Un branco di idioti.

Eppure gli esseri umani sono tutti uguali, composti dagli stessi tessuti, cellule, molecole e atomi. Non avevano alcuna ragione per odiarlo in quel modo. Aveva tentato con il dialogo e poi con la ribellione, ma erano più forti loro e non c’era via d’uscita, soprattutto finché tutti si limitavano ad osservare. L’unico sollievo era attendere la fine dell’anno scolastico con le vacanze estive, quando i suoi nemici non sarebbero stati in grado di umiliarlo.

Quel giorno aveva rimediato un labbro gonfio e gli era andata anche bene. Se non fosse passato il preside l’avrebbero riempito di botte perché si era rifiutato di percorrere in ginocchio, davanti a tutta la classe, il viale d’uscita. Ribellione che avrebbe comunque pagato l’indomani e in quel mo-mento preferiva starsene nascosto da tutti a guardare l’acqua nel suo fluire chissà dove, ascoltare gli uccellini cantare e attendere di calmarsi. Sarebbe andato a casa soltanto dopo aver sbollito la rabbia e la delusione per l’ennesima umiliazione ricevuta.

I suoi genitori sapevano ciò che accadeva a scuola, avevano litigato più volte con gli insegnanti e col presidente, ma quest’ultimo non era in grado di prendere una decisione contro i quattro bastardi che lo tormentavano.

Bruno si avvicinò all’acqua, si accovacciò, e la toccò con le punte delle dita, era gelata ma allo stesso tempo invitante. Pensò che il suo abbraccio lo avrebbe portato via da quegli imbecilli e dalla mediocrità del mondo che lo circondava. Immerse entrambe le mani e sentì un brivido lungo la schiena. Però, in fin dei conti, era piacevole.

Immaginò come sarebbe stato fondersi con l’acqua, lasciarsi cullare e trasportare ovunque lei avesse voluto. Lontano da tutti e tutto. Avrebbe perso anche Chiara ma tanto era invisibile per lei.
Passi rapidi tra la vegetazione dietro di lui lo allarmarono. Non si voltò e recuperò lo zaino pronto a scappare se fossero comparsi i suoi nemici. Si avvicinò a un gruppo di pietre che gli avrebbero permesso di saltare sull’altra riva. Rischiava di cadere in acqua ma sapeva come muoversi e i bulli non avrebbero avuto il coraggio di seguirlo.

Ne era certo.

Il rumore di foglie calpestate si fece più forte, Bruno salì sulla prima pietra pronto a saltare sulle successive. Dalla vegetazione emerse Chiara, strizzata nel solito giubbino in pelle che indossava anche in pieno inverno. Bruno incrociò il suo sguardo e lei, di rimando, sorrise.

«Tu qui?».

«Sì. Ero curiosa».

«Così hai perso l’autobus.» Bruno era tornato indietro e ora era a qualche metro da Chiara che si stava tormentando i lunghi capelli castani.

«E chi se ne frega.» si sedette su una grossa pietra «Me la farò a piedi e poi ne è valsa la pena, è proprio bello qui».

Bruno trovò posto poco distante su un altro sasso. Guardava il pietrisco in terra e ogni tanto, di traverso, scrutava Chiara. Le sue gambe riempivano i jeans neri elasticizzati con un paio di strappi sulle ginocchia. Il giubbino metteva in risalto i fianchi arrotondati e il seno. Un leggero rossetto sulle labbra le dava un po’ di colore al viso pallido. Chiara fissava il fiume con la schiena eretta e le mani sulla pietra, Bruno avrebbe voluto abbracciarla ma non ne aveva il coraggio e osservarla così da vicino era un privilegio che non aveva mai avuto.

Il loro silenzio era tutt’uno con il cinguettio degli uccelli, il fruscio delle fronde mosse da un leggero venticello e lo scorrere dell’acqua. I minuti passavano e quella situazione stava diventando pesante. Bruno non sapeva cosa fare. Un ultimo sguardo a Chiara e questa volta si scontrò con i suoi occhi. Si fissarono per alcuni secondi, interminabili e densi.

«Senti…» fu un coro inaspettato e Bruno le fece cenno di continuare.

«Beh… insomma… mi dispiace che se la prendano sempre con te».

«Sono solo degli stupidi.» Bruno continuò a guardarla negli occhi.

«Ma nessuno ti difende. È vergognoso.» sospirò «Se vuoi puoi sederti qui con me. C’è posto.» fece un sorriso sghembo e tornò a guardare il fiume.

Bruno si alzò con le gambe legnose, incespicò sul pietrisco un paio di volte e la raggiunse.

Chiara si spostò un po’ più a sinistra facendogli posto. Bruno si sedette col cuore che voleva uscirgli dal petto e i polmoni che bramavano ossigeno.

«Io…» si fermò con mille dubbi nella testa.

«Tu…» Chiara non staccò lo sguardo dal fiume nemmeno un secondo «Tu mi piaci.» poi si voltò e i sui occhi erano talmente invitanti che Bruno ne aveva quasi paura. Cinse Chiara con un braccio e lei appoggiò la testa contro la sua spalla.

«Anche tu mi piaci.» sospirò «Da sempre».

 

Aprì gli occhi, davanti a lui era tornata la realtà.

«Da sempre!» gridò contro il fiume ancora ingrossato che trasportava parti di alberi e correva veloce fuori dal suo alveo.

Rabbia, lacrime e denti digrignati non bastavano a farsela restituire. Il fiume si era portato via Chiara tre giorni prima e in quel momento il ricordo dei primi momenti insieme a lei resisteva più che mai. Erano passati solo dieci anni, avevano tanti progetti da realizzare ma l’amico a cui aveva sempre confidato ogni segreto si era preso Chiara.

Bruno, tra le lacrime, scagliò sassi e pietre contro il fiume mentre la sua rabbia esplodeva per la consapevolezza che non sarebbe mai riuscito a far del male al vecchio amico.

Poteva solo osservare che l’acqua passava, abbracciava tutto e nulla restituiva.

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