Il racconto Julia ha partecipato al concorso indetto da Writers Magazine per l’antologia 365. Il rcconto non doveva superare una cartella editoriale.
Il corpo è stato smembrato in malo modo, quasi a volerne dimostrare l’inutilità. C’è sangue in terra, sulle pareti e odore di morte. Mentre mi muovo silenzioso attorno al cadavere, Julia fissa il vuoto sul tablet di servizio. È la sua prima esperienza davanti a un omicidio brutale come questo.
Dopo tanti anni di lavoro, mi stupisco ancora della bestialità che può raggiungere l’essere umano e ancora di più quando mi chiedono di stabilire se la vittima era già deceduta prima di essere fatta a pezzi.
La risposta è nel sangue ovunque.
L’assassino ha le ore contate, non può essere uscito completamente pulito da questo macello.
Scavalco dei bidoni ribaltati, nel magazzino c’è stata lotta, Julia mi segue sguardo a terra. È taciturna da quando abbiamo iniziato il turno sei ore fa.
Mi incuriosisce una scatola. È troppo lontana dal corpo ma su uno dei lati ci sono alcune macchine di sangue. La apro con cautela e dentro c’è qualcosa di plastica bianca appallottolata, l’odore ferroso del sangue quasi mi porta a vomitare.
Julia fa un paio di passi indietro, si mette una mano davanti agli occhi, la sento respirare velocemente. È una crisi di panico, se la deve far passare come feci io anni fa, ma la sento singhiozzare e non posso lasciarla sola proprio adesso.
Mi avvicino, lei mi guarda, gli occhi scuri sono un buco nero che mi ha affascinato dal primo giorno che è arrivata da noi.
Mi porge i polsi, non capisco il gesto.
«L’accetta è a casa mia.» Julia trattiene a fatica le lacrime.
Abbassa la cerniera della tuta sterile e solleva la camicetta mostrandomi una cicatrice a forma di stella, è una bruciatura. Si gira e la schiena ne è piena.
«Da ragazzina mi ha violentata per due giorni, sono entrata in polizia per trovare lui e vendicarmi».
Guardo Julia, le cicatrici, i suoi occhi e…
Fanculo, l’assassino non lo troveremo mai.