CONDANNATI A MORTE

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La giornata lavorativa era andata come sempre correndo a destra e sinistra per colmare le lacune di uno stato che taglia i fondi sulla sanità e per sopperire alla scarsa considerazione del bene pubblico che hanno alcuni dipendenti statali. Arrivai in stazione con la speranza che il treno fosse in orario, era autunno e non si stava male all’aperto, ma non avevo voglia di finire nel calvario di un ritardo.
Mi avventurai lungo la banchina cercando di calcolare dove si sarebbe fermata la carrozza in cui salgo di solito; parecchia gente era in attesa del convoglio. Mi fermai e controllai il tabellone elettronico per la quinta volta da quando ero arrivato in banchina, nessun ritardo segnalato.
Il treno sarebbe arrivato in meno di cinque minuti.
In quel momento osservai il gesto quasi sincronizzato di molte persone, non lo avevo mai notato in precedenza, ma ci sono cose di cui ti accorgi solo per puro caso.
Tutte quelle persone avevano acceso una sigaretta.
Non posso dire se tutto sia partito da un singolo che ha risvegliato la massa oppure abbiano avuto tutti lo stesso pensiero, ma erano lì schierati con la sigaretta tra le dita e l’aria sofferente in faccia.
Mi venne da sorridere davanti alla tristezza di quel gesto e immaginai che dalla parte opposta del binario, di fronte al gruppo, fosse presente un plotone d’esecuzione che attendeva impaziente la realizzazione dell’ultimo desiderio concesso.
Tutti fumarono tirando con ardore, cercando di finire il cilindro di tabacco il prima possibile mentre il treno spuntò sui binari a circa cinquecento metri di distanza.
Quando il convoglio si fermò tutti i fumatori gettarono il mozzicone in terra contemporaneamente, questo dimostra che fumare in stazione è social.
È un flash mob improvvisato al momento.
Di conseguenza mi trovai accanto a un posacenere ambulante, intriso del caratteristico odore pungente e fastidioso che solo i non fumatori possono comprendere. Non puoi sottrarti alla tortura, tanto sei circondato e cambiare posto non ti salverà. Percui passai quasi mezz’ora ad abituarti alla puzza, finché il mio cervello smise di considerare l’odore e lo fece sparire.
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