QUINTA CLASSE

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Alessandro mi chiama, è con la testa piegata in avanti su un libro, anche se in realtà non sta leggendo. Mi avvicino, ora armeggia con la matita e il temperino, prende la gomma consumata e ingrigita osservandola da ogni lato. Resta in silenzio per diversi secondi, sto per chiedergli cosa voglia ma mi anticipa.

«Come farò senza di te?»

Mi spiazza, i suoi occhi penetrano nei miei fin dentro il cervello e fanno male.

«E’ così che deve andare.» è l’unica risposta che mi viene in mente.

Banale e scontata.

Lui non è convinto, si gratta la chioma bionda, soppesa le parole, frantuma ogni barriera.

«Perché si diventa grandi?»

Rimette a posto il temperino, la matita è ridotta a un moncherino inutilizzabile e tanto non servirà più comunque.

Questa volta sto attento, gli altri ascoltano e hanno smesso di fare confusione, ora il silenzio pretende una risposta.

«Beh, si cresce perché è la natura, funziona così, e poi se nessuno diventa grande come potrebbero nascere bambini?» ho la gola trafitta da mille chiodi.

Nessuno risponde, Alessandro ha gli occhi lucidi. Pochi minuti e lo perderò, e con lui tutti gli altri. Ogni anno mi chiedo perché debba succedere questo, perché dobbiamo lasciarli andare via dopo averli accolti spaventati, capiti, educati e preparati a un altro passo della loro vita.

Osservo Anna, minuta e dalla carnagione più scura, so tutto dei suoi problemi familiari, li ho scoperti nei disegni che faceva e dalle sue poche parole. Con gli altri colleghi l’ho aiutata a tornare una bambina felice.

Vicino alla finestra c’è l’indisciplinato Jacopo, è dotato di incredibile intelligenza, per lui il mondo è un libro aperto e spiazza tutti quando spiega agli altri come vede lui le cose. Quando è arrivato non parlava.

Ognuno dei miei diciotto bambini è un mondo a sé e ora sono pronti per lasciare questo nido e volare nella vita.

Queste pareti, vecchie e dagli angoli scrostati, saranno tinteggiate da alcuni genitori nei prossimi giorni, cancelleranno le botte dei banchi, le manate, i segni delle scarpe e staccheranno i disegni dei bimbi. Finiranno negli scatoloni in una soffitta impolverata dove resteranno dimenticati da tutti.

Solo la memoria non dimentica.

Alessandro è ancora immerso nei suoi pensieri, credo che diventerà un artista da grande.

Ora c’è un silenzio teso, i secondi passano inesorabili verso il suono della campanella, l’ultima dell’anno e l’ultima per loro in questa scuola.

Marta scoppia in lacrime, si tortura i riccioli castani, sa che dovrà separarsi da Laura. La sua amica si trasferirà in un altra regione. I bambini hanno bisogno del contatto e se ne infischiano dei social network; anche noi adulti dovremmo imparare da loro.

Giulio si alza, ha già un bel fisico massiccio, lui è sempre il più allegro e sembra che niente possa mai scalfirlo. Si avvicina velocemente e mi abbraccia, è la prima volta che lo vedo piangere in cinque anni.

E’ un magnete che attira tutti gli altri.

In pochi secondi i miei alunni mi circondano, mi abbracciano, si abbracciano, pure quelli che non sono mai stati troppo amici.

Ecco la campana che spezza l’aria, il silenzio e l’abbraccio. I bambini si guardano, prendono le loro cose.

E’ finita, lo sanno, lo so.

Dovrei consolarmi perché il prossimo anno avrò una nuova prima e una nuova quinta, ma a fine anno sarà un altro addio e un nuovo dolore che durerà diversi giorni.

L’aula si è svuotata, ora il silenzio è pesante, dovrei essere contento, esserci abituato e invece non è così.

Sono vent’anni che non è così.

Passo tra i banchi, qualcuno staccherà le etichette col nome. Li sfioro con la mano destra, uno a uno, rivedo episodi passati con quei bambini e con tutti quelli prima di loro. Raccolgo la mia borsa, esco dall’aula e passo lo sguardo nella totalità dell’ambiente.

Coraggio, a settembre avrai una nuova quinta.

Chiudo la porta ed esco in fretta dalla scuola, è tempo che mi abitui alla loro assenza.

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4 commenti su “QUINTA CLASSE

  1. Eccomi qui.
    Sono felice di essermi affacciata.
    La tua penna mi piace (mi permetto di darti del tu).
    Magri, potresti allegare un’immagine a questi racconti molto intensi.
    Troppe volte, l’occhio vuole la sua parte, e la gente legge solo quello che piace alla vista.
    Ovviamente non vorrei sembrarti inopportuna, anzi.
    E’ un consiglio spicciolo che lascia il tempo che trova.
    P.S. La prima sta arrivando. Ma, ahimè, anche la quinta…
    Buona fortuna.

    1. Ciao, grazie per la visita!
      Avevo pensato anch’io alle immagini, il problema è legato al tempo che devo impiegare tra cercare in rete, adattare e pubblicare.

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