CONCORSO – Reader for Blind – Lasciate che vengano a me

Tempo di lettura stimato in: 6 minuti

 

Racconto scartato al contest Reader For Blind con tema “Identita”.


 

Chi siamo?

Ce lo chiediamo sempre da quando abbiamo la giusta età per porci questa difficile domanda. Cresciamo, passiamo attraverso l’adolescenza diventando adulti. Ognuno vive esperienze, dolori, gioie e scopre cosa significa essere vivo. Scegliamo la nostra strada, spesso ci perdiamo, ma coraggiosamente lottiamo per ottenere la felicità. Siamo una meraviglia del creato che non possiamo ancora spiegare e forse non potremo mai farlo, qualcosa spuntato dal nulla e creato per rendere testimonianza di una forza superiore.

Eppure la risposta a quella domanda potrebbe essere ancora più semplice: siamo esseri umani, forme di vita dotate di intelligenza e coscienza, ma siamo in grado di compiere le peggiori atrocità facendo emergere l’animale represso che abita in noi, capaci di odiare i nostri simili senza alcun motivo.

E io?

Me lo sono chiesto fino a questo momento. Ho fatto una scelta, molto tempo fa, in cui credevo e che ho scoperto essere difficile e spesso dolorosa. L’ho difesa anche quando sembrava impossibile continuare e sono andato avanti, spesso contro me stesso e gli altri, spesso deriso e umiliato.

Lo specchio che ho davanti riflette un uomo di cinquantatre anni che indossa un abito importante, che dovrebbe essere puro,  sicuramente per tutte quelle persone che dipendono dal mio ruolo. Dovrei essere una guida, un esempio da seguire, un consolatore che non giudica ma perdona.

Mi osservo e dietro questi occhi c’è un uomo diverso da quello che appare, una persona debole e falsa. Dentro questo abito c’è un essere sbagliato che nel tempo è cambiato e si è lasciato corrompere o forse un uomo che è sempre stato così, ma non lo aveva ancora scoperto.

Tutto è iniziato ventuno anni fa in un paesino piccolo e sperduto tra i monti. Ricordo ancora quanto mi sembrò minuscolo, pochissime case attorno alla piazza principale, la strada sterrata che si inerpicava attorno alla montagna perdendosi tra prati e rocce. Quando arrivai l’inverno era appena iniziato con le sue temperature già rigide, la casa che occupai era vuota da più di un anno e trovai una piccola comunità persa in se stessa e senza una guida. Al mio arrivo, gli abitanti si mostrarono gentili e mi accorsi subito di essere importante per loro. In pochi giorni conquistai la loro fiducia e si confidavano con me raccontandomi pezzi di vita e di vergogna. In quelle confessioni c’erano uomini e donne come me, sapevano cos’era sbagliato eppure non erano in grado di evitare certi comportamenti. Io li ascoltavo, cercando di comprendere i loro sentimenti, li consolavo e mi scoprivo sempre più simile a loro. Mi sentivo debole e indifeso come loro.

Probabilmente furono la fiducia e l’ignoranza di quelle persone a far emergere la mia identità nascosta.

La prima volta fu un anno dopo il mio arrivo, avevo imparato a conoscere tutti gli abitanti e i nuclei familiari che avevano dei problemi. Li aiutavo come potevo, a volte cedevo quelle poche offerte ricevute durante le messe, in altre occasioni davo una mano con i raccolti.

Un giorno, una bambina iniziò a frequentare l’oratorio, il suo nome era Rosetta, l’avevo notata scorrazzare d’estate nei campi e l’avrei voluta come figlia, ma apparteneva ad altri genitori che ritenevano avesse uno spirito cattivo in corpo. Addirittura l’avevano identificato nella bisnonna deceduta quattro anni prima.

Me la portarono, aveva dieci anni e gli occhi della notte più buia. Non avevo mai trattato questi casi, non possedevo le conoscenze necessarie, ma i suoi genitori insisterono e non riuscii a rifiutare un aiuto. Passai due ore al giorno con lei a caccia di quel demone che non esisteva, due ore in cui ammiravo la sua bellezza e la sua innocenza. Con lei ho iniziato a conoscermi e a familiarizzare con l’essere che abita in me. Inizialmente ho provato vergogna per i miei pensieri, guardavo il crocifisso e mi sentivo giudicato; leggevo le sacre scritture e ci trovavo solo amore, ma nulla che mi condannasse.

Le credenze popolari fatte di rispetto e sacralità mi avevano dato un ruolo importante in quella comunità e mi portarono altri bambini con disturbi particolari e io ho sempre accettato di incontrarli per curarli.

La realtà era che non avevano nulla.

Rosetta fu la prima con cui assaporai la mia identità nascosta, lei si fidava e non aveva paura. I nostri giochi erano innocenti e fatti di preghiere sussurrate nella stanza della benedizione, la mia camera da letto. Mascherai tutto con la necessità di far uscire il mostro cattivo che era in lei e le dissi di non raccontare a nessuno del rito di purificazione, ma di ringraziare il Padre Celeste dopo ogni nostro incontro e lei obbediva ciecamente.

Passarono alcuni mesi, forse qualcuno parlò, e mi portarono Elia, che nonostante il nome biblico, mostrava segni di ribellione e immaturità, ma aveva soltanto nove anni, un’energia smisurata e tanta voglia di vivere.

Mi occupai di lui insieme a Rosetta senza mai farli incontrare, proprio perché nessuno doveva conoscere le terapie, compresi i genitori. Lui fu l’unico maschio che trattai e i nostri giochi furono molto diversi da quelli che facevo con Rosetta, era curioso e molto intelligente.

Il posto dove lo incontravo era la cantina che avevo pulito e riordinato alla perfezione, un giorno mi chiese perché non lo facevamo in chiesa, ma gli feci credere che il demonio non poteva raggiungerci in quel posto e lui sembrò credere a quella bugia.

Gli insegnai la nudità verso gli altri e davanti a Dio, avevo portato lì un vecchio crocifisso e lo facevo pregare mentre lentamente lo spogliavo. Gli dicevo che serviva per far uscire la cattiveria dal suo corpo e mostrare la sua purezza agli angeli. Le prime volte era impacciato e preoccupato, in breve però diventò sicuro e tutto fu normale per lui.

I genitori dei due bambini credevano a ogni mia singola parola quando raccontavo degli episodi puramente inventati che i bambini confermavano per paura che il demonio tornasse da loro. Le famiglie descrivevano miglioramenti comportamentali eccezionali, ma, in realtà, i figli erano gli stessi di prima.

O quasi.

Improvvisamente Elia si trasferì con i genitori in un’altra città pochi mesi dopo l’inizio degli incontri, ma non sentii affatto la sua mancanza. Rosetta, invece, continuai a vederla per altri due anni, poi l’adolescenza la portò via da me e i nostri incontri diventarono meno frequenti fino a cessare del tutto. Lei lasciò un vuoto pesante e incomprensibile.

Per un periodo non ebbi più bambini da curare, ma un giorno arrivò Maria, timida e impacciata, con i suoi undici anni, i capelli lunghi e biondi, gli occhi due gocce di cielo. Lei sviluppò un particolare attaccamento nei miei confronti e continuai a vederla di nascosto fino ai sedici anni, fino al giorno in cui dovetti lasciarla. Con lei ho scoperto cose proibite. Si confidava e mi raccontava tutto ciò che le accadeva a scuola, del rapporto con i suoi coetanei maschi e io assaporavo ogni parola.

 Maria era speciale e ancora oggi tremo al solo pensiero. Non l’ho più vista da quando lasciai quel paesino per una città più grande, dove la gente è meno attaccata alle figure come la mia. Eppure anche qui ho trovato le persone giuste per procurarmi i bambini per la mia felicità, bastava solo solleticare le loro credenze e superstizioni per ottenere la loro devozione e fiducia.

Sono quindici anni che abito in questo posto, che continuo a purificare bambini che si legano a me, ma nessuno mi ha fatto tornare agli inizi, a quello che provai con i primi.

Ieri una persona ha bussato alla mia porta riportandomi dei ricordi nascosti da tempo, assopiti per la mancanza di cibo.

Era Maria.

Quasi non l’avrei riconosciuta per il cambiamento che ha fatto. È diventata una donna bellissima, ma i suoi occhi, il sorriso sbilenco e il saluto in codice che avevamo inventato tra noi hanno risvegliato la mia mente. Non so come abbia fatto a trovarmi, ci separano centinaia di chilometri, ma è arrivata comunque al mio cospetto.

Mi ha chiesto di prendermi cura della sua bambina, Giulia.

In quel momento ho rivissuto tutto il passato, il mostro che è in me ha gridato la sua rabbia e io l’ho visto uscire per riprendersi la donna che avevo davanti, quella che ho amato più di chiunque altro quando ancora era una ragazzina, che aveva lasciato un vuoto mai riempito.

Non ho permesso a quel demone di toccarla, non ho permesso che le facesse ancora del male.

Gonfio di rabbia ho tentato di cacciare Maria dicendole che non facevo più quelle cose, che sua figlia sicuramente non aveva nulla, che avevo sbagliato con lei e non meritavo il suo perdono.

Mi ha spiazzato, in lacrime ha risposto che l’avevo salvata dall’ignoranza della sua famiglia e non capivo l’importanza di ciò che avevo fatto per lei.  Con  l’azzurro dei suoi occhi mi ha fissato di traverso, ho notato l’odio e la delusione, poi con il suo solito sorriso mi ha salutato e ha lasciato il mio appartamento rapidamente.

Un battito di ciglia e non c’era già più.

Ho ripensato alle parole di Maria e non sono quello che lei ha sempre creduto.

Gesù riprese i discepoli che volevano allontanare i bambini da lui dicendo: “lasciate che i bambini vengano a me”, ma non intendeva il modo in cui l’ho fatto io.

Chiedetemi oggi chi sono e vi risponderò un mostro.

Una persona indegna di indossare una veste religiosa, un essere che il mio Signore lascerà bruciare all’inferno per aver ceduto alle tentazioni del demonio.

Vorrei smettere ma non posso farlo finché resterò al mondo, per vincere il mostro che è dentro di me non bastano le preghiere e la fede, serve di più.

Serve la mia vita.

Dietro questa lettera troverete dei nomi, sono esseri come me che dovete assolutamente fermare, troverete tutto nella mia casella di posta elettronica indicata più sotto.

Confesso le mie colpe e di non meritare l’abito che indosso, chiedo perdono a tutte le famiglie che ho tradito, alla mia Chiesa e al Padre mio. Spargerò il mio sangue ai piedi del crocifisso finché non ne resterà più e il mostro che c’è in me possa infine morire.

Vi supplico di pregare per me.

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2 commenti su “CONCORSO – Reader for Blind – Lasciate che vengano a me

  1. Cristiano,
    un racconto che tratta un argomento particolare ,
    di cui si preferisce far finta che non esista e non mi meraviglia affatto che sia stato scartato,
    la chiesa che dovrebbe proteggere i piccoli , fino a poco tempo fa ,si limitava a “spostare” in altra sede “parrocchia” il colpevole di certe azioni .
    l’argomento è troppo scottante per essere considerato!!!
    comunque hai narrato molto bene la storia . Molto molto bravo e bello il racconto ,

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